Tubage

Tubage

Il Tubage è un caso esemplare di tecnica vetraria scomparsa e riportata in vita nei laboratori Benvenuto.

Molto diffusa nei primi decenni del ‘900 in Francia, era andata persa durante la Seconda Guerra Mondiale: nessuno conosceva più la precisa composizione di materiali usata per ottenere quegli effetti unici.

Dopo anni di tentativi e ricerche, Benvenuto ha ricostruito la tecnica originale del tubage: un sottile cordoncino in pasta viene dipinto intorno alle forme, entro le quali si applica dello smalto, solitamente trasparente.
Il tutto viene poi fissato in forno a gran fuoco, a circa 650°C.

Tubage – Alla ricerca della tecnica perduta

Introduzione

Il Maestro Vittorio Benvenuto ci racconta attraverso difficoltà, sperimentazioni e ricerche come ha riportato alla luce, una tecnica del passato, l’émail-tubé, ridando splendore a qualcosa di cui sopravvivono mirabili esempi ma i cui segreti di realizzazione non sono stati tramandati nel tempo.

La tecnica email tube

Si tratta di una tecnica che ebbe grande diffusione nei primi decenni di questo secolo. Studiata per abbattere i costi delle vetrate, consisteva nel dipingere con una pasta, estrusa da una sorta di siringa sul modello di quelle utilizzate dai pasticceri, un sottile cordoncino che faceva da cornice alla forme entro le quali veniva applicato lo smalto trasparente; il tutto era poi cotto a forno. Esistono mirabili esempi di questa tecnica nelle vetrate d’epoca; in Italia la ditta Corvaja e Bazzi, con sede a Milano, ne fu la principale produttrice. Oggi, per l’estrema difficoltà di dipingere e di controllare la cottura, nonché per l’impossibilità di reperire il materiale pittorico, il segreto della composizione chimica della pasta è andato perduto. Questi tipi di realizzazione non si fanno quasi più, anche se nel mio laboratorio vengono portate avanti delle sperimentazioni in tal senso.

Prove di laboratorio

Grande attenzione e lunghissimi tempi di lavorazione mi sono occorsi per cercare di raggiungere uno standard soddisfacente nel ricostituire la tecnica di esecuzione di questi tipi di vetrate. Ho scoperto l’interesse per questa lavorazione verso la metà degli anni ’80, quando mi è stato affidato il compito di ripristinare una vetrata a email-tube, incidentalmente rotta, in una villa liberty nella immediata periferia di Treviso. Una volta presa visione della vetrata (si trattava di una porta con diversi rettangoli decorati e poi rilegati insieme a piombo) mi resi subito conto della difficoltà di realizzare il compito affidatomi. Era la prima volta che vedevo una lavorazione del genere e, anche se non ero a digiuno degli smalti cotti in forno e dei cordoncini di graniglia che adoperavo già da tempo, non nego di essermi trovato in difficoltà nell’accettare l’incarico del committente. Subito mi misi alla ricerca di nozioni sul tipo di lavorazione e, con i vetri in mano, mi recai da due amici, Ottavio Furlanetto e Luciano Toniolo, che hanno un’esperienza pluridecennale sulle cotture degli smalti per ceramica e per vetro.
Come immaginavo, avevano già visto vetrate a émail-tubé, ma non ne avevano mai realizzate. Uno degli ostacoli da superare era quello di ricercare dei componenti che potessero sostituire gli originali in quanto, così sembrava a prima vista, certe sostanze normalmente usate in passato, oggi non erano più in commercio per l’elevata tossicità o per l’alto livello di inquinamento ambientale che potevano produrre mediante la cottura. “Devi cominciare a fare delle prove…”, furono queste le ultime parole di Furlanetto e di Toniolo prima di salutarci.
Feci queste prove e cercai anche di trovare un sistema di applicazione del cordoncino in rilievo che mi permettesse di “arginare” gli smalti all’interno di esso. Purtroppo avevo pochissimo tempo a disposizione e constatando che la ricerca sarebbe stata più lunga del previsto, rinunciai all’incarico. Verso l’inizio degli anni ’90 venni chiamato nuovamente ad eseguire un rilievo presso un’altra villa liberty, sempre a Treviso, per “restaurare” un’altra vetrata artistica. Alla vista della vetrata, che occupava tutta la parete verticale della tromba delle scale, ebbi un tuffo al cuore. Si trattava di una meravigliosa lavorazione a email-tube d’inizio secolo raffigurante rose rampicanti, anfore, pavoni e cieli color indaco. Questa volta non volli rifiutare l’incarico, era una scommessa con me stesso, l’avrei portato a termine a tutti i costi. Cominciai così a darmi da fare per trovare le materie prime necessarie: smalti, colori, grisaglie, ossidi, graniglie, medium, fondenti. Mi avvalsi della collaborazione della Johnson & Matthey per la fornitura dei materiali e cominciai così a fare prove su prove, cotture su cotture, per circa tre mesi. Alla fine di questo ciclo, riuscii a produrre quei tre pezzetti di vetro decorato in sostituzione dei rispettivi pezzi rotti o mancanti della vetrata originale. Il risultato era soddisfacente, almeno per il mio cliente; io avevo ancora qualche perplessità ed incertezza sui materiali scelti, le finiture raggiunte, l’eventuale ripetibilità dei pezzi mantenendo inalterato l’aspetto ultimo. Comunque i discreti risultati raggiunti mi stimolarono più tardi nel 1999 a provare questa “nuova” vecchia tecnica per una parete divisoria con struttura lignea del salone di una villa veneta. La proprietaria della villa, architetto, disegnò i soggetti a colori della vetrata in grandezza reale, i cosiddetti cartoni, e consegnandomeli mi chiese se era possibile realizzarli. “Certamente” risposi io, forte della mia esperienza passata, della validissima collaborazione di Sabrina Bianco, pittrice, mio braccio destro e insostituibile artista, e della sfida che avevo accettato in cuor mio.
Cominciammo così una serie di prove colore per avvicinarci il più possibile al soggetto disegnato e dipinto. Per chi ha già lavorato con il forno, è inutile spiegare quanto tempo ci vuole per provare una ventina di colori e le relative sfumature e mescolanze. Comunque, dopo un paio di mesi, le prove erano già sotto l’occhio critico dell’architetto-cliente che, approvandole, diede il via alla realizzazione dei quattro sopraluce che componevano la parte alta della struttura divisoria. Era la primavera del 2001. Purtroppo accadde l’imprevisto, che sempre fa da ciliegina sulla torta a tutte le sperimentazioni e ricerche. Un ossido metallico che serviva per comporre questo contorno “argine” degli smalti, terminò e, una volta riordinato, arrivò completamente diverso dal precedente. Fummo costretti ad interrompere il lavoro per cercare quest’ossido nella forma più idonea ed alla fine, dopo circa tre mesi, la fortuna ci venne incontro, finalmente trovammo ciò che ci serviva.
“Da quel momento in poi, le diverse fasi di cottura della graniglia e degli smalti, oltre alla legatura dei pezzi, sono state eseguite senza intoppi e il lavoro è terminato nel gennaio 2002. Sono lieto di poter mettere a disposizione queste esperienze con altri vetratisti interessati a questa tecnica, perché sarebbe un peccato che una tale forma di artigianato italiano (o arte …) si perdesse nella storia. Chiunque desideri contattarmi può farlo al mio indirizzo email. Sono aperto a qualsiasi tipo di scambio culturale sull’argomento”.
Vittorio Benvenuto

Consulenze su misura

Continuamo a crescere e a imparare, mettendo sempre alla prova noi stessi, tutto quello che sappiamo e avventurandoci costantemente alla scoperta di nuove tecniche o affinando quelle già note. Il patrimonio di conoscenze che ci contraddistingue, viene dal passato ma vive nel presente grazie a un lavoro continuo di sperimentazione per realizzare opere d'arte in vetro, vetrate artistiche e oggetti di design dal carattere unico e inconfondibile.

Il nostro Laboratorio è sempre aperto a Designer, Architetti, Ingegneri, Artisti che cercano un referente esperto e capace di ascoltare, per far prendere forma a progetti, idee in vetro, utilizzando tutte le più tradizionali e innovative tecniche di lavorazione. I nostri mastri vetrai sono sempre a disposizione per sopralluoghi, preventivi, consulenze.

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